Di solito, le difficoltà di scrivere un pezzo sono dovute alla mancanza di argomenti. In questo caso, parliamo dell’azienda Basilisco, ci sono fin troppe cose da dire, tante che non so da dove cominciare. Dal vulcano che tutto sovrasta? Dagli shesh, le antiche cantine in tufo? O delle origini albanesi della comunità? Comincio dalle vigne, dai vini, o da Viviana che li produce ?
Per fare ordine, direi di partire dalla geografia. Siamo in Basilicata, a Barile, nel Vulture, ai piedi dell’omonimo vulcano spento, a 600 metri d’altitudine. L’ultima eruzione risale a 130.000 anni fa, ed il suo lascito è stata la formazione di alti strati di tufo che caratterizzano le vigne e le cantine locali. In vigna, il tufo assorbe l’acqua per cederla lentamente nei periodi asciutti.
In cantina, invece, il tufo si rivela un ottimo materiale da costruzione. Facilmente scavabile, tanto che una colonia di profughi albanesi che si insediò nel territorio nel XV secolo, gli arbereshe, ricavò le proprie abitazioni svuotando il fianco di una collina. Oggi quelle grotte sono diventate cantine ricche di fascino (nonché molto funzionali, garantendo temperature ottimale per la conservazione di olio e vino), ed è impressionante vedere la fila di portoni che si apre sul fianco della collina. Lo spettacolo non lasciò indifferente Pierpaolo Pasolini, che ci ambientò il suo Vangelo secondo Matteo.
A mostrarmi tutte queste cose è Viviana Malafarina, instancabile direttore tecnico di Basilisco (con la supervisione di Pierpaolo Sirch, della casa-madre Feudi di San Gregorio). La qualifica le sta un po’ stretta, perché Viviana in azienda fa veramente di tutto, con un impegno fuori dal comune. Quando ci incontriamo per un caffè, alle 7 del mattino, lei è già stata (ore prima!) a controllare lo stato dei vigneti dopo le piogge notturne, e alle otto di sera è ancora in cima alle vasche a controllare le fermentazioni.
Il vitigno principale è l’aglianico, che qui nel Vulture presenta caratteristiche diverse da quello campano. Le escursioni termiche e la particolare mineralità dei suoli donano infatti una maggiore freschezza ai vini, attenuando parte della potenza per cui è generalmente conosciuto il vitigno. E proprio in questa direzione va la ricerca di Basilisco, la creazione di vini più “luminosi”, come ci dice Viviana. Gli ettari sono 25, condotti in agricoltura biologica. Le viti più vecchie hanno più di ottant’anni, e sono a piede franco.
Per far le riprese di vendemmia andiamo in contrada Gelosia, dove stanno raccogliendo una selezione delle uve migliori, quelle maturate meglio. Quelle che restano sulla pianta si avvantaggeranno così di maggiori energie per portare a termine la loro maturazione. Dalla selezione delle migliori uve di tutti i vigneti nasce il primo vino, Basilisco. E sempre da selezione delle uve, questa volta con più frutto e meno struttura, nasce il secondo vino, Teodosio.
Affascinante il progetto dei cru, tra cui nasce il Vigneto storico, da una vigna di due ettari pre-fillosserica con viti allevate a capanno, una struttura simile a quella usata spesso per i pomodori. Viviana insiste per una visita a quel vigneto, e fa bene; è una bella giornata di sole, davanti a noi si alternano distese di viti e olivi. L’aria è frizzante, la vendemmia è cominciata bene e Viviana mi parla di Tostoj. Sono molto vicino alla felicità.
Davide Marone dice
Sentire Viviana è sempre un piacere….i suoi racconti ti immobilizzano! Complimenti
Mina dice
La nostra terra e la nostra gente da sempre porta avanti con coraggio e tenacia il sogno di un futuro gratificante e legato alla nostra terra..brava viviana..mi piacerebbe imitare il suo sogno un domani.
Alessandro dice
Volevo sapere se fate anche visita cantina