Non so perché ma, tra le scelte di vita compiute per dare una sterzata al proprio destino, quella di mettersi a fare vino è tra le più quotate. Visti i chiari di luna, mi sembrerebbe più logico che un vignaiolo si alzasse una mattina per dire “Sai che c’è di nuovo? Quasi quasi mi trovo un bell’impiego in banca!” Ma questo non succede mai, o forse i wineblogger non ce lo raccontano.
Gerardo Giuratrabocchetti è il titolare delle Cantine del Notaio. Anche lui ha deciso, sacrificando una professione ben avviata e di maggiori certezze, di dedicarsi alle vigne ereditate dal nonno. Eredità ottenutà in virtù del fatto che portavano lo stesso nome. Ed è stato proprio il pensiero del nonno, e del “tradimento” fatto alla sua passione, che un bel giorno Gerardo ha deciso di mollare tutto e seguire i vigneti d’aglianico di famiglia.
Arrivo a Rionero in Vulture in una mattinata di vento e sole sfolgorante. Mancavo dalla Basilicata da più di trent’anni, e l’unica differenza che colgo è la presenza fitta e continua di pale eoliche. Dapprincipio non mi dispiacciono, poi l’occhio cerca invano nel paesaggio un punto su cui cui riposarsi. Cantine Del Notaio ha una sede in paese – dove ci sono gli uffici e le vecchie cantine – ed una appena fuori, dove l’uva viene lavorata e il vino fa il suo percorso in acciaio.
Gerardo è lì che mi aspetta, e mi trascina subito in campagna. È preso da mille impegni, c’è la vendemmia in corso e deve preparare l’accoglienza per un gruppo di giornalisti, ma ci tiene a mostrarmi le sue viti. In tutto l’azienda ha circa trenta ettari, suddivisi in diverse località (Rionero, Maschito, Ginestra, Ripacandida), per poter saggiare le potenzialità del vitigno aglianico in ambienti diversi. Oltre all’aglianico, fiano, malvasia e moscato. In tutto, 450.000 bottiglie.
Facciamo alcune riprese in vigneto e poi torniamo in paese, c’è da vedere le vecchie cantine. Sono antiche grotte scavate nel tufo, dove l’aglianico riposa nelle botti. Gerardo mi fa una vera e propria visita guidata, soffermandosi a lungo presso un presepe cui ha dedicato un’intera stanza. Ogni figura del presepe ha un suo riferimento preciso nella storia di Rionero, ed è allo stesso tempo metafora di qualcos’altro. Poi la visita prosegue, con la spiegazione dell’utilizzo di alcuni stupefacenti pezzi legati alla pastorizia. Un racconto appassionato, che dice molto del legame di Gerardo con la sua terra.
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