Anton Longo Liebenstein è un giovane assai compìto, dal sorriso timido. Ma ha idee chiare e un carattere forte, che lo hanno portato, nel 2015, ad occuparsi in prima persona nell’azienda di famiglia e riprendere a vinificare le uve della tenuta, anziché consegnarle alla cantina sociale, come avveniva oramai da un secolo. L’attività infatti venne interrotta con il passaggio dell’Alto Adige dall’Austria all’Italia, quando il bisnonno di Anton, allora sindaco di Egna, fu costretto a rifugiarsi in Carinzia. Tornò solo nel ’32, ma limitandosi a produrre uva per le cantine sociali, prima di Egna e poi di Termeno.
Nei discorsi di Anton compare spesso la parola “tradizione”, e con qualche ragione, visto che la tenuta risale al 1654. Testimonianza ne è la splendida dimora storica che ospita la cantina, oggi in fase di ristrutturazione. «Il primo vino che ho prodotto è stato il Liebenstein, una cuvée di Pinot bianco e Chardonnay. Liebenstein, “pietra d’amore”, è il mio secondo cognome, e chiamarlo così è stato come sottolineare la rinascita di una tradizione, il primo vino dopo cent’anni di silenzio. E quando ho voluto fare un rosso, un Cabenet Sauvignon, l’ho chiamato Wellemburg, che è il mio terzo cognome, ancora tradizione.
Così, sempre nel solco della storia di famiglia, ho cominciato a produrre un Pinot bianco e un Gewürztraminer. Ma non guardiamo solo indietro, vogliamo anche innovare; abbiamo una vigna a mille metri, dove alleviamo il Solaris, che è una varietà PIWI, resistente alle malattie. Riusciamo così a evitare trattamenti, interveniamo al massimo un paio di volte con lo zolfo.
Mi piace lavorare nella natura, così come mi piace il lavoro di cantina, il contatto con la gente. Uno dei miei obiettivi è proprio comunicare le nostre radici, il vino è un mezzo per far conoscere la mia storia nel mondo. Se qualcuno beve il mio vino si farà delle domande su chi siamo, e questa è una cosa che mi fa andare avanti.
Ho già in mente il mio percorso, so dove voglio arrivare. Punteremo sui vini bianchi, Chardonnay e Pinot bianco in primis, giocando con le opportunità che ci offrono le montagne, come l’escursione termica o i particolari microclimi dei nostri vigneti. Sono queste le caratteristiche che ci aiutano a fare vini tipici, ma anche unici e particolari». Come particolare è la tradizione di Anton.
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