Neanche il tempo di presentarsi che Alex Ferrigato, direttore vendite della Cantina Colterenzio, mi carica in macchina e mi porta in campagna, a camminare nei vigneti. « Se vuoi capire come lavoriamo, devi dare uno sguardo al paesaggio».
Io guardo e ammiro vigneti ben curati, colline dolci e panorami di vette innovate.
«Colterenzio è un piccolo borgo del comune di Appiano, la cantina fu fondata nel 1960 da 28 viticoltori, tutti di Colterenzio. Oggi le famiglie che conferiscono l’uva alla cantina sono 300, distribuite in tutta l’area meridionale dell’Alto Adige, da Bolzano a Salorno. La grande varietà di persone e vigne per noi è una grande risorsa, possiamo sfruttare a nostro vantaggio le diverse caratteristiche delle zone interessate. Ad esempio, abbiamo tanti vignaioli che producono lagrein a Bolzano, che è la zona più vocata. Per cui, gran parte delle uve dei nostri lagrein provengono dal territorio migliore. Lo stesso avviene per il pinot bianco ad Appiano Monte, e così per le altre uve.
Il cuore della nostra produzione è qui a Cornaiano, dove abbiamo chardonnay, sauvignon blanc e pinot nero.
Siamo una cantina giovane, che ha avuto una grande crescita negli anni ’80, gli anni in cui la viticultura altoatesina è passata dai vini rossi leggeri (perlopiù schiava), prettamente di massa e da esportare nei paesi di lingua tedesca, a quelli bianchi di maggior pregio.
Ci fu chi capì che il consumo del vino stava cambiando, non più solo alimento ma qualcosa di diverso, legato alla qualità, e che qui in Alto Adige sarebbe stato possibile produrre vini di livello internazionale. Tra questi pionieri ci fu Luis Raifer, nostro presidente in quegli anni. Chiese ai soci di analizzare i terreni e di piantare vitigni diversi dalla schiava, anche internazionali, e fece cambiare le forme di allevamento, passando dalla pergola alla spalliera. Insomma, introdusse tutti quei criteri di qualità che oggi diamo per scontati ma che a quei tempi furono una rivoluzione. Non si limitò a dare consigli, ma diede l’esempio in prima persona. Piantò cabernet sauvignon e poi sauvignon blanc, e proprio da questo venne fuori, nel ’93, il Lafoa, vino storico della nostra cantina.
Un passaggio fondamentale di quegli anni fu l’introduzione dei “gruppi di qualità”. Selezionammo un gruppo di bravi vignaioli a cui garantimmo un reddito sicuro per ettaro, purché seguissero i criteri di allevamento indicati dalla cantina. Fu un passaggio cruciale per velocizzare la svolta verso la produzione di vini di qualità. I gruppi esistono ancora, e anche chi non ne fa parte ci segue, perché ha capito che la strada intrapreso tanti anni fa è quella vincente».
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