Se passate per la Strada del Vino di Caldaro, non potrete non notare l’ingresso della Cantina Kaltern. Una superficie metallica brunita, con disegni luminosi di foglie di vite giganti, e due grandi vetrate sovrapposte. Sopra ci sono gli uffici, tutti a vista, e sotto il wine-center, l’accogliente bar-enoteca dove è possibile degustare ed acquistare i vini della Cantina.
Intanto che aspetto Andrea Moser, l’enologo della Cantina Kaltern, do un’occhiata in giro. Più che clienti, i presenti mi sembrano soci della Cantina, mani forti e volti abbronzati. Più tardi, a fine giornata, mi capiterà di vedere intorno al banco tutti i giovani operai che avevo vista prima in cantina. Fanno “l’ape”, come migliaia di coetanei alla stessa ora, solo che loro se lo sono guadagnato!
Intanto arriva Andrea, che mi porta subito a visitare i luoghi di produzione. Gli spazi sono enormi, così come grandi sono i numeri della Cantina Kaltern, ulteriormente cresciuta dopo la fusione, del 2016, con la Cantina Erste + Neue; parliamo di 650 soci conferitori per 450 ettari, che fanno della Cantina Kaltern la realtà enologica più grande dell’Alto Adige.
Soci che sono tutti nel territorio di Caldaro, nell’area che da Termeno arriva fino ad Appiano. I primi edifici sono del 1908, secondo la leggenda costruita da mille soci in un anno, con il contributo economico del Kaiser Francesco Giuseppe ( a testimonianza c’è una botte con la sua effigie).
Per l’intervista ci fermiamo in barricaia, mi piace il rumore di fondo degli operai che lavorano alle nostre spalle. Andrea è un giovane enolologo trentino; dev’essere davvero bravo per essere già arrivato ad un incarico di questo livello, in una lingua non sua. Mi parla della dedizione con cui vengono seguiti i soci della cooperativa, che spesso fanno uva solo per passione o come secondo lavoro. Mi spiega che se da una parte c’è lo svantaggio di dover talvolta insegnare qualcosa, si è invece ripagati dall’impegno che i soci mettono nella cura dei loro appezzamenti. “Non sono vigneti, sono giardini!” mi dice Andrea con ammirazione.
I vigneti vanno dai 250 metri d’altitudine, quelli intorno al lago di Caldaro, ai 750, con ampie escursione termiche. Nel 2016 la Cantina Kaltern ha deciso di puntare con decisione su cinque varietà: pinot bianco, sauvignon, lago di Caldaro (qui più noto come Kalterarsee), cabernet sauvignon e moscato giallo passito. Con questi vitigni si è quindi dato vita alla linea Quintessenz.
Il Lago di Caldaro è una Schiava prodotta solo qui, sul lago di Caldaro. Questo vino era parte dell’alimentazione locale, prodotto in grandi quantità e percepito quindi come un vino semplice, di pochi gradi e bassa qualità. Negli ultimi quindici anni si è lavorato per migliorarne qualità e reputazione, selezionando i migliori vigneti, quelli più vecchi, riducendo le rese, e oggi si vedono i risultati. Un vino fresco, piacevole, non banale.
Assaggiamo anche un Pinot Bianco, che ha subìto la stessa sorte della Schiava. Un’accorta politica di miglioramento (impianti a guyot in quota, basse rese) anche qui ha trasformato un vino bistrattato dai più in vino di punta di molte cantine.
Di assaggio in assaggio, Andrea mi parla anche di sé, del suo percorso di formazione. E una frase mi colpisce in particolare, sull’importanza del “capire perché succedono le cose”. E mi rendo conto che il percorso virtuoso della Cantina Kaltern è dovuto anche al sapersi affidare alle persone giuste, quelle che provano a capire perché succedono le cose.
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