Da Caldaro scendo in auto verso Termeno, in una sfolgorante mattina di settembre. La Cantina Tramin, in cima a un colle all’ingresso di Termeno, di un verde intenso sul verde delle viti, sembra fare la guardia al paese e alle sue vigne.
L’appuntamento è con Willi Stürz, enologo e direttore aziendale. Ma è una giornata difficile, siamo vicini alla vendemmia, e a farmi visitare l’azienda è Sigrid Pichler, che della cantina è brand ambassador. Fotografiamo cantine e vigne, ma è soprattutto l’architettura che mi affascina, le linee spezzate che disegnano la struttura mi ricordano le opere dell’artista Sol LeWitt. Intanto Willi è arrivato, e dallo sguardo capisco che è il classico giorno in cui l’ultima cosa che vorrebbe fare è un’intervista, ma è educato e non me lo dice. Ma so che ha poco tempo, e partiamo subito.
«Siamo nella Bassa Atesina, tra le colline del paese di Termeno.
La Cantina Tramin nacque nel 1898, creata dal parroco del paese. Le particelle vitate erano così piccole che solo pochi fortunati potevano permettersi una cantina propria, e associarsi divenne una necessità. La crescita della cantine sociali avvenne poi negli anni 80’ e 90’, quando si ricominciò a credere nelle capacità e potenzialità della nostra viticoltura. Così oggi, curando con attenzione maniacale queste piccole particelle, vite per vite, grappolo per grappolo, riusciamo ad ottenere una materia prima di altissima qualità. Questo crea una filiera virtuosa che arriva fino all’imbottigliamento.
Il Gewürztraminer è il vitigno più diffuso nel nostro comprensorio, nella nostra cantina supera il 20%. È uno dei vitigni più antichi della moderna viticoltura, è il progenitore di tanti vitigni pregiati, come il Riesling, il Cabernet Sauvignon e i vari Pinot; abbiamo quindi in mano una vera chicca del mondo del vino. Altri bianchi da noi prodotti sono Pinot bianco, Pinot grigio, Chardonnay e Sauvignon, mentre nelle zone più alte, fino agli 850 metri, abbiamo del Müller-Thurgau. I nostri rossi sono tre; la Schiava è il più diffuso, rappresenta il 10% della nostra produzione, poi abbiamo Lagrein e Pinot nero.
Quest’ultimo sul versante opposto della vallata della Bassa Atesina, ad altezze che vanno dai 450 ai 650 metri, ma in alcuni casi estremi fino agli 850. Sono in questa cantina da ventisette anni, e da allora abbiamo spostato il Pinot nero sempre più in alto, partendo dai 250 metri per arrivare appunto agli 850. Oggi non esistono più vigneti di Pinot nero a 250 metri, troppo caldo.
Amo lavorare con l’uva, è una materia prima che mi affascina, dà risultati differenti da una microzona all’altra. A questo si aggiunge una passione per il prodotto finito, il piacere di sentire nei vini le piccole differenze che ogni vigna propone.
Lavorano per la cantina circa centocinquanta famiglie, per un totale di 270 ettari. Agli inizi non è stato facile, dovevo convincerli a tagliare parte delle uve in estate, per alzare la qualità di quelle che restavano, con il rischio di averne troppo poca da vendere alla fine. Alla lunga si è instaurata la fiducia, i viticoltori hanno capito che in queste zone bisogna produrre qualità, per sopravvivere. E la fiducia tra produttori e tecnici della cantina è diventato il punto forte della cooperazione, anche se richiede un grande dispendio di energie; bisogna incontrarsi, parlare, occorre un contatto quotidiano per centrare gli obiettivi. Ma adesso i nostri soci soci non guardano più le ore passate in vigna, per loro l’importante è avere l’uva giusta per fare vini d’alta qualità». E, a vedere il flusso di turisti che esce dal punto vendita con le braccia cariche di cartoni da tre e da sei bottiglie, mi sembra che le fatiche dei produttori siano ben ripagate.
Alessandro dice
Bellissimo Sig. Mauro!
Mauro Fermariello dice
Grazie!