È successo tutto molto velocemente, sono ancora sorpreso dalla rapidità degli accadimenti. Avevo chiamato Sara Carbone, vignaiola in Melfi, per alcune informazioni, ed eccomi in Basilicata, pochi giorni dopo. Non so nemmeno perché, giuro che mi ero ripromesso di starmene un po’ tranquillo a casa. E il bello è che Sara nemmeno c’è, in Basilicata. Ho scoperto che vive in Friuli, e gran parte del lavoro per l’azienza (vendita e marketing) lo svolge da lì. A Melfi c’è il fratello Luca, che viene a prendermi in paese ché altrimenti in campagna da solo non ci sarei mai arrivato. Attraversiamo il paese, giriamo intorno al magnifico castello normanno, e ci ritroviamo su una specie di altopiano.
Se non conoscete la Basilicata, non conoscete il significato della parola “vuoto”. La strada è malamente rattoppata, intorno non c’è nulla, solo campi battuti dal vento e una coppia di falchi che ci gira intorno. È bellissimo, questo nulla mi genera una sensazione di grande libertà.
La cantina Carbone è sulla destra, la struttura è moderna, in metallo ondulato, e mi piace molto. Mai sopportato il finto rustico, meglio un capannone ben fatto. Trovo che questo si inserisca ottimamente nel paesaggio, dominato dal monte Vulture.
Siamo in piena vendemmia, Luca è alle prese con i carrelli di uva aglianico in arrivo, e mi lascia libero di scorrazzare per le vigne. Ogni tanto viene a sincerarsi delle mie condizioni, e mi ritrova che striscio tra i filari come un marine, per riprendere i grappoli maturi.
È solo verso ora di pranzo che Luca trova il tempo per l’intervista. È una bella storia, quella della famiglia Carbone. I genitori appassionati della vigna – vinificavano le uve aglianico già negli anni ’70 – ma che non trovano la spinta giusta per dedicarsi all’azienda a tempo pieno. Le uve vengono allora conferite alle altre cantine della zona, fino a che i ragazzi, nel 2005, non decidono che sì, a loro non dispiacerebbe affatto il mestiere di vignaioli. Con l’acquisto di nuovi vigneti si è deciso di costruire la cantina di trasformazione, mentre nel centro storico di Melfi sono state riaperte le cantine ipogee, dove viene conservato il vino e dove si svolgono visite e degustazioni.
Oggi gli ettari sono diciotto, le viti più vecchie sono intorno ai cinquant’anni; le più giovani, quelle intorno la cantina, di anni ne hanno sette. Per lo più aglianico del Vulture, e un po’ di fiano.
Dopo l’intervista Luca mi porta a vedere la cantina in centro, di cui va giustamente orgoglioso. L’impressione è quella di un viaggio nel tempo, sembra di essere scesi in antiche catacombe, e solo le botti presenti mi ricordano perché siamo lì. Prima di andare, Luca mi regala qualche bottiglia. Proprio ieri, mentre cercavo una bottiglia in cantina, ne ho preso in mano una. Mi sono tornati in mente il vuoto, il vento, i falchi.
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