Alfio Cavallotto, più che un vignaiolo, sembra un nouveau philosophe; scapigliato, barba di qualche giorno, camicia bianca e cappotto grigio scuro. In realtà, è tornato da appena quindici minuti dal Senegal, con un enorme ritardo. Sarà stanchissimo, ma la gentilezza deve essere un carattere di famiglia, e non mi caccia via.
“C’entra anche la fortuna, nella nascita di quest’azienda. Se la marchesa Colbert , proprietaria di un immenso patrimonio in queste zone, avesse avuto eredi, non saremmo qui a parlarne. Invece, lasciò gran parte dei possedimenti alla Chiesa, soprattutto le terre di pianura, messe a grano. E beneficiò molti dei fattori che avevano lavorato per lei, creando così una prima parcellizzazione del territorio. Questa collina toccò a Giuseppe Boschis e, da Monte della Guardia, da allora fu chiamata Bricco Boschis. Che una figura considerata poco più di un contadino ereditasse una tale fortuna fu una cosa assai particolare per l’epoca (si era nel 1864), quasi uno scandalo. Gli eredi del Boschis cedettero poi la tenuta al mio bisnonno, che si era staccato dall’azienda di famiglia, vendendo le sue quote, e aveva quindi del denaro da reinvestire. E così, a volte mi capita di pensare che sarebbe bastato che la marchesa avesse avuto un figlio, e la nostra vita sarebbe stata diversa.
Siamo un’azienda familiare, a Castiglione Falletto. È un comune molto piccolo, però interessante, proprio al centro della zona del Barolo. Con me lavorano mia sorella Laura e mio fratello Giuseppe, e sono ancora attivi i miei genitori. È una tenuta vitivinicola, molto accorpata, con vigneti tutt’intorno alle cantine. In totale, sono ventitré ettari di vigneto, di cui quattordici a Nebbiolo da Barolo, che costituiscono il cuore dell’azienda.
La bontà oramai è un pre-requisito, su cui costruiamo tutto il resto: un vino deve essere unico, prodotto in uno specifico cru, deve essere biologico, e rispettoso del territorio. Il consumatore deve bere un’emozione, e non l’avrà bevendo il vino migliore del mondo, perché il migliore non esiste. Questo è stato un errore commesso negli anni ’80, quando si cercava di fare il Barolo più buono di tutti, e a furia di esasperare la ricerca assoluta della bontà, si finiva con l’ottenere vini stilisticamente perfetti, ma che non davano emozioni.
Ma cercare il Barolo più buono è una follia, bisogna cercare e apprezzare le differenze. C’è il Barolo di Bricco Boschis e il Barolo di Vigna Rionda, il Barolo di Cannubi e quello di Brunate.
Nel vino, la specificità è tutto. E tutte le conoscenze acquisite su di un Barolo di Castiglione Falletto non potrò mai applicarle a un Pinot nero della Borgogna, non otterrei nulla di buono. Tutto il nostro impegno è rivolto a migliorare solo questa unicità, e se dovessi usare i miei studi per creare un vino anonimo, di cui non riconosco più le origini, non solo avrei sprecato il mio tempo, ma avrei fatto un danno”.
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
di più: www.cavallotto.com
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