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Un blog che parla di vino, viti e vignaioli

Ciabot Berton

25 Marzo 2021 Lascia un commento

In Langa tutto è tradizione, molto è addirittura leggenda, e la famiglia Oberto non fa eccezione. Nei racconti di Federica e Marco Oberto, titolari dell’azienda Ciabot Berton, le descrizioni tecniche si mescolano a epici racconti familiari. Come quello che mi fa Marco mentre scendiamo nella vigna Roggeri, in una nebbiosa mattina di febbraio. Riguarda la storia del Ciabot Berton, il casolare in rovina che dà il nome all’azienda: “È disabitato da più di un secolo. Si dice che il proprietario, il signor Berton, fosse un appassionato di fuochi d’artificio e, visto che si trova in una delle migliori vigne di La Morra, probabilmente anche di vino. La combinazione delle due passioni potrebbe essergli risultata fatale”.

Continuiamo la passeggiata nel vigneto, Marco mi spiega le pratiche agronomiche e gli interventi di potatura, ma io mi perdo dietro le ragnatele imperlate da gocce di pioggia che decorano i filari.  La vigna ha un’età media di quarant’anni, sale dai 150 ai 350 metri, e se non avessi messo i gambali adesso sarei ancora lì a togliermi l’argilla dalle scarpe.

Torniamo in cantina, dove ci aspetta Federica per le degustazioni e qualche foto. È lei a raccontarmi i vini e la storia della Famiglia Oberto.

L’azienda Ciabot Berton è nata nel 1960, grazie all’impegno di Luigi Oberto, il padre di Marco. La famiglia produceva uve da diverse generazioni, ma fu lui che decise di fare vino e metterlo in bottiglia. Oggi sono quattordici ettari di vigna, soprattutto nebbiolo da Barolo, ma anche dolcetto e barbera. La barbera fu piantata dal nonno Giacomo nel ’52, al Bricco San Biagio, una collina splendidamente luminosa, esposta a sud/sud-ovest, perfetta per il nebbiolo. Ma lui decise di mettere barbera, e se la assaggiate non potrete dargli torto!

Ad un certo punto ci raggiunge in cantina Nicola, il figlio dodicenne, in rappresentanza di tutti i ragazzini della casa. Sono tre, e sono affamati. Una volta rassicurato che non salteranno il pranzo, mi chiede se mi hanno parlato del Le Macaline, il langhe rosato, e del perché si chiami così. Io casco dalle nuvole, e lui mi pare decisamente piccato, è una storia che devo assolutamente sentire. E mi spiega che sull’etichetta ci sono delle lumachine, ma lui da piccolo le chiamava macaline, dal lì nome della bottiglia. Espone con chiarezza e ardore, e intuisco che queste vigne vedranno un’altra generazione ancora della famiglia Oberto.

 

 

 

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Mi chiamo Mauro Fermariello, e sono nato a Napoli nel 1958. Laureato in Scienze Agrarie, ho presto abbandonato il lavoro in campagna per seguire la mia passione per la fotografia.

Mi sono trasferito così a Milano nel 1990, cominciando a collaborare con diverse testate, interessandomi di reportage, ed approfondendo il mio interesse per gli argomenti scientifici.

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