È la prima volta che attraverso l’Alta Valle del fiume Esino e, complice la luce radente del pomeriggio, sono stato preso dall’intenso desiderio di chiamare tutti gli amici per dire “presto, prenotate le prossime vacanze a Matelica!”.
Campi di grano e girasoli, vigne e grandi querce, e sullo sfondo gli appennini azzurri. È l’unica vallata delle Marche che non segua la direzione ovest-est, e non corra verso il mare, ma va invece da nord a su; vedremo come questo abbia un forte impatto sui vini. La bellezza del paesaggio mi obbliga a ripetute soste per fotografare, foto che non vedrete per guasto alla scheda di memoria. Succede. Arrivo così che è quasi sera, giusto il tempo per presentarmi a Fabio, che mi ospita nell’agriturismo di famiglia, una costruzione semplice e allegra, gialla e rosa-salmone.
Mi metto comodo, un sigaro e un Verdicchio di Matelica Collestefano, a guardare la fine del giorno. Mi pagano, per fare questo.
Alle otto siamo già pronti a partire, andiamo in un vigneto poco distante, dove Fabio e due operai devono tirare su un recinto anti-cinghiali. Mi lasciano lì, un paio d’ore a giocare con la macchina fotografica e i grappoli quasi pronti per la vendemmia. Rientriamo alle undici, e ci sistemiamo in cantina per l’intervista.
La storia di Fabio è di una disarmante semplicità.Figlio di contadini, cresciuto libero in campagna. Poi gli studi, la laurea in agraria, qualche breve esperienza di lavoro in Germania (che gli tornerà utilissima, per capire i suoi futuri mercati), e infine le prime bottiglie, quasi per gioco. Un solo vitigno, il verdicchio, e un solo vino, il Verdicchio di Matelica Collestefano, prodotto in conduzione biologica. Ecco come racconta il suo vino:
“Quando ho iniziato ho ricevuto molte critiche, sia per l’esiguità delle nostre dimensioni, sia per la scelta del biologico. Ma io ci credevo, ero convinto che le caratteristiche del territorio fossero eccezionali per la viticoltura. E poi il paesaggio, bere un bicchiere di fronte a queste colline, questi campi coltivati, delimitati dalle grandi querce, insomma, è un‘altra cosa.
Sono innamorato del Verdicchio, e da questo viene la scelta di fare un unico vino. È acido, minerale, in certe annate arriva a essere semi-aromatico, come nel 2012. È un vino complesso, con mille sfaccettature, e in bottiglia evolve per alcuni anni; consiglio sempre i miei clienti di non bere tutto il vino dell’annata, ma di mettere da parte qualche bottiglia per gli anni successivi, perché è un vino che sa affrontare il tempo, e riserva delle belle sorprese anche dopo qualche anno.La riuscita del vino dipende da mille cose, e non sempre le scelte giuste sono fatte in piena consapevolezza.
Ad esempio, noi siamo partiti vinificando solo in acciaio e, per motivi di spazio, avevo dovuto sistemare alcuni serbatoi all’esterno. Scoprii così che il vino, stabilizzato dalle escursioni termiche, risultava eccellente. Unico accorgimento, bisognava imbottigliare a marzo-aprile, prima di un rialzo eccessivo delle temperature. Così, quando ho costruito la nuova cantina, ho ricreato condizioni simili, sistemando le vasche presso una parete con grandi finestre, che vengono tenute aperte. E anche la vinificazione in tante vasche piccole, di 10-20 ettolitri, nata per necessità, è stata poi conservata per scelta. La cantina molto piccola ha comportato l’utilizzo di vasche non troppo grandi. Così, durante la fermentazione, nelle prime fasi della maturazione e dell’affinamento dei lieviti, ho passato ore ed ore ad assaggiare, e tutto questo mi ha formato, mi ha fatto capire come ogni variabile fosse importante, dal giorno di raccolta alla temperatura che cambia da un giorno all’altro in cantina.
Forse la mia è un’esperienza limitata, conosco solo le mie uve di Verdicchio, e vinificate sempre nella mia cantina, ma di assaggi ne ho fatti veramente tanti, e continuo a farli, sforzandomi di capire le piccole differenze tra una vasca e l’altra, e cosa le ha determinate. Ora in ogni vasca c’è l’uva di un singolo appezzamento, che viene vinificata separatamente. Poi i vini ottenuti sono assemblati per un taglio finale unico. Nel blend finiscono solo i vini migliori, gli altri li vendiamo come sfuso. Non credo nella possibilità, qui da noi, di ottenere un vino da un singolo cru, non sarebbe mai completo come l’attuale assemblaggio”.
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
di più: www.collestefano.com
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