L’azienda della famiglia Walch è a Termeno, in un antico convento acquistato dai gesuiti nel 1869. Una cantina storica, siamo ormai alla quinta generazione, ma è con l’arrivo di Elena, che sposa Werner Walch, che riesce a imporsi sui mercati internazionali. Elena, fresca di studi in architettura e un carattere deciso, prende le redini dell’azienda e mette subito in chiaro le cose: le dà il suo nome.
«Volevo legare il prodotto alla zona da cui proveniva, e a chi materialmente lo realizzava. Ed ero io a occuparmi di tutto in prima persona. E così anche per le bottiglie,volevo legare il nome al vigneto da cui provenivano, e allora abbiamo il Gewürztraminer Vigna Kastelaz, il Merlot Vigna Kastelaz e così gli altri. Una volta non si dava importanza al legame tra uva e vigneto, così come si era meno attenti alla qualità. Quando sono arrivata qui, essere donna in un ambiente di soli uomini non era facile, solo all’uomo si riconosceva la facoltà di conoscere il vino. All’inizio c’erano critiche, ma per me era una sfida, e l’ho affrontata volentieri. Ero sicura di me e della mia squadra – enologo, cantinieri, operai in vigna – per cui potevo viaggiare sicura e presentare i miei vini senza paura».
Oggi sono Julia e Karoline a seguire il lavoro, ed Elena è molto soddisfatta, «si impegnano molto e ottengono risultati, cosa non così scontata. E cercano strade diverse dalla mia. Quando ho iniziato, guardavo alla qualità del prodotto. Loro invece controllano prima la qualità dei terreni con cui fare l’uva, e come fare per mantenerli in salute. Il tema della sostenibilità è nato con le generazioni più giovani, oggi è impensabile fare vino senza esserne consapevoli».
Gli ettari vitati sono circa sessanta. A Termeno c’è la vigna Kastelaz, terrazzata per la forte pendenza, ed esposta a sud. Su terreni argillosi crescono le viti di gewürztraminer e merlot. Nelle vigne intorno al Castel Ringberg, sul Lago di Caldaro, troviamo chardonnay, sauvignon, pinot grigio, lagrein e cabernet sauvignon, su suoli prevalentemente calcarei. Il pinot nero viene invece allevato su a Gleno, a circa seicento metri d’altitudine.
Come dice Elena, «la grande fortuna dell’Alto Adige è avere a disposizione un gran numero di vitigni, da adattare ai diversi territori». Fiera delle sue origini, rivendica la lunga storia enologica della regione, «qui facevano vino già Reti e Romani, e nonostante si produca meno dell’1% dei vini italiani riusciamo a farci conoscere ed apprezzare sempre di più». Chi ha provato i suoi vini, sa bene il perché.
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