video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
Ho conosciuto Elisabetta Foradori grazie al bel documentario di Giulia Graglia, “Senza Trucco”. Mi aveva incuriosito questa signora sicura di sé, attraversata da lampi di poesia e dallo sguardo intenso.
La prima cosa che colpisce di Elisabetta è l’eleganza. L’eleganza dei tratti e dei modi, dei gesti e dell’eloquio. Parlare con lei è un vero piacere, ogni parola è scelta con cura, si sentono dietro buona educazione e buone letture, un’estrema attenzione ai dettagli.
Sono eleganti la cantina e il sito internet, le etichette dei vini e le bellissime anfore, ultime arrivate.
Diplomata nell’84 a San Michele all’Adige, ha dovuto subito occuparsi dell’azienda di famiglia, 26 ettari di vigne suddivise tra il Campo Rotaliano e le colline di Cognola.
Il Campo Rotaliano,a Mezzolombardo, sono 400 ettari di pianura alluvionale del torrente Noce, circondati dalle magnifiche montagne trentine. Qui regna il Teroldego, vitigno non facile da domare, cui Elisabetta ha donato nuovi splendori, effettuando selezioni massali e da seme, fino al riconoscimento di 15 biotipi. Il Teroldego oggi rappresenta 80% della produzione aziendale, il restante 20% è dato da Nosiola e Manzoni bianco (per un totale di 160.000 bottiglie).
Con forte retroterra scientifico, e con la preoccupazione di produrre un vino valido per il mercato, i primi anni sono passati consolidando le pratiche e le conoscenze enologiche.
Poi Elisabetta ha cercato qualcosa di più, una strada che le fosse più consona.
E’ una buona ascoltatrice, e si è messa all’ascolto della natura, e forse anche di se stessa. Ha riconsiderato il suo ruolo, quello delle piante e quello del territorio, come parti non più separate, ma in un unico insieme.
E’ stato “un salto mentale e personale”, che l’ha portata su un piano diverso, in un dialogo profondo e creativo con i suoi vigneti.
E’ del 2002 il passaggio alla coltivazione biodinamica, scelta abbracciata con passione e convinzione. Io non l’ho ancora ben capita, la biodinamica, diciamo che resto un po’ scettico, ma amo i viticultori biodinamici e molti dei loro vini, e allora ben vengano.
Così come Eugenio Rosi, Elisabetta fa parte del gruppo de I Dolomitici, e anche questo fa parte del suo percorso di ricerca.
Quello che mi è piaciuto di questa visita è stata la sensazione di equilibrio precario, come se Elisabetta ci stesse dicendo: ” Questo è il meglio che so fare adesso, ma niente esclude che la situazione possa evolvere in altro modo”.
Niente a che vedere con i tanti che già sanno,e mai impareranno altro.
di più: www.elisabettaforadori.com
[…] non vedo teorie ma tanto buon senso, una riflessione continua e molto lvoro. Anche lui, come Rosi e Foradori, fa parte dei Dolomitici, interessante gruppo di vignaioli […]