La prima volta che ho visto Francesco Orini ho pensato che fosse antipatico. Non che mi avesse fatto nulla; eravamo a una degustazione a Cupramontana, e credo che neanche m’abbia notato, ma c’era qualcosa che non mi tornava. Forse l’abbigliamento tutto nero, cappello compreso sempre in testa. Forse l’aria sicura di sé, o forse solo l’essere troppo più giovane di me. Ma conoscevo invece le sue foto, di vigne e cantine, e quelle mi dicevano qualcosa di diverso. Uno stile particolare, con foto dai colori tenui, desaturati. Ma fotografie forti, dove Francesco sembra sempre parlare d’altro, ma di rara efficacia. Insomma, avevo una grande stima del suo lavoro, anche se non una grande fretta di conoscerlo di persona.
Poi, circa un anno fa, di passaggio per la Valpolicella, ho fatto una visita improvvisata a Carlo Venturini, Monte Dall’Ora. Carlo era lì tranquillo a fare travasi, moglie in Norvegia e ragazzi dai nonni. Stavamo pensando di finire la serata in pizzeria,
quando anche Francesco ha pensato di passare da lì (casa Venturini è molto accogliente). Un po’ di imbarazzo iniziale (sia io che Francesco stavamo preparando un libro sulla Valpolicella), poi Francesco ha preso in mano la situazione, decidendo che avremmo mangiato lì, e avrebbe cucinato lui. È corso nel camper, con cui gira l’Italia in cerca di storie, a cercare gli ingredienti, e si è messo a lavorare con impegno. Carlo ha contribuito, aprendo un paio di bottiglie, e ho così passato una serata magnifica, discutendo di tutto, con grandi risate. Ho scoperto di avere con Francesco molte affinità, e che le cose che ci dividono sono altrettanto interessanti. E così, appena ho saputo che aveva deciso di rilanciare la sua rivista (bellissima), Pietre Colorate, ho pensato di andare a intervistarlo per farmi raccontare i suoi progetti. E visto che c’ero, ho cercato di capire il suo rapporto con la fotografia.
di più: www.pietrecolorate.com
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