Miracolo in Italia, pionieri della medicina: recuperata la vista grazie a una nuova terapia rivoluzionaria

Recuperata la vista grazie a una nuova terapia rivoluzionaria -
Dopo un intervento sperimentale a Napoli, un uomo affetto da sindrome di Usher 1B riacquista la vista. La terapia è stata sviluppata dal TIGEM e rappresenta una svolta nella cura delle malattie rare.
Presso la Clinica Oculistica dell’Università Vanvitelli di Napoli, un uomo di 38 anni affetto da sindrome di Usher tipo 1B è stato sottoposto a una terapia genica sperimentale. A distanza di un anno, il paziente ha riacquistato una capacità visiva funzionale, riuscendo a muoversi in autonomia anche in ambienti poco illuminati. Il trattamento, messo a punto dall’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM) di Pozzuoli, utilizza un approccio a doppio vettore virale, ideato per superare i limiti strutturali delle terapie tradizionali. È la prima volta che un intervento di questo tipo viene eseguito su un paziente con questa forma di retinite pigmentosa. E i dati clinici, finora, lasciano ben sperare.
Una patologia rara e invalidante, finora senza cura
La sindrome di Usher tipo 1B è una condizione genetica ereditaria legata a mutazioni del gene MYO7A. Chi ne è affetto nasce sordo, presenta una disfunzione vestibolare e sviluppa una cecità progressiva nei primi anni di vita, a causa della retinite pigmentosa. Colpisce circa 20.000 persone tra Europa e Stati Uniti, ed è considerata non trattabile con le attuali terapie geniche, perché il gene coinvolto è troppo grande per essere inserito nei vettori virali standard.

La svolta è arrivata con una tecnologia sviluppata al TIGEM, grazie al lavoro del team guidato da Alberto Auricchio. L’idea è semplice nella teoria, ma complessa nella pratica: usare due vettori distinti, ciascuno contenente metà delle istruzioni genetiche, da iniettare direttamente sotto la retina. Nel luglio 2024, l’uomo è stato il primo paziente al mondo ad accettare questo trattamento. Dopo appena due settimane, i medici hanno osservato un miglioramento visivo; entro un mese, il paziente riferiva di vedere le corsie del magazzino dove lavora, leggere sottotitoli da lontano, riconoscere i colleghi. Un risultato che, a detta dello stesso uomo, ha segnato un nuovo inizio: “Non è solo vedere meglio: è iniziare a vivere”.
Il protocollo di trattamento rientra nello studio internazionale LUCE‑1, coordinato da AAVantgarde Bio, spin-off dello stesso istituto. Nella prima fase sperimentale, sono stati trattati otto pazienti, con dosi basse o intermedie. I risultati preliminari indicano una buona tollerabilità, con effetti collaterali lievi e controllabili, come infiammazioni oculari temporanee risolte con cortisonici. Altri sette pazienti verranno trattati con una dose superiore nei prossimi mesi.
Un traguardo della ricerca pubblica italiana
Il trattamento realizzato tra Pozzuoli e Napoli è il risultato di oltre dieci anni di lavoro e ha potuto contare sul sostegno della Fondazione Telethon. La tecnologia impiegata, ora brevettata, potrebbe essere estesa anche ad altre patologie genetiche complesse che finora erano escluse dalle opzioni terapeutiche.
Secondo Maria Rosaria Campitiello, capo Dipartimento del Ministero della Salute, «la sindrome di Usher rappresenta una delle sfide più complesse della medicina genetica, ma oggi celebriamo un risultato concreto grazie alla collaborazione virtuosa tra Istituzioni, mondo accademico, ricerca e territorio». Il Ministero ha confermato che parte dei fondi PNRR verrà destinata al sostegno della ricerca clinica sulle malattie rare.
Per Gianfranco Nicoletti, rettore dell’Università “Luigi Vanvitelli”, «questa è la dimostrazione di cosa accade quando università e ricerca biotecnologica lavorano insieme». La Clinica Oculistica dell’ateneo ha curato tutte le fasi del trattamento, dimostrando come anche il sistema pubblico universitario sia in grado di raggiungere traguardi di assoluta eccellenza.
In un Paese spesso accusato di sottovalutare la scienza, il caso del paziente campano mostra che la frontiera della medicina passa anche da qui, e che guarire gli occhi può voler dire restituire una vita intera.