“Siamo nella zona di produzione del Rosso Conero, piccola Doc marchigiana; è stata la prima ad essere istituita, nel 1967. Dal punto di vista geografico è sono le colline intorno al monte Conero. È un’area limitata, di circa 400 ettari di vigneti.
Il Conero è un promontorio montuoso circondato dal mare, pochi chilometri a sud di Ancona. L‘azienda è all’interno del Parco Naturale del Monte Conero, una zona molto vocata per la produzione del vino, per via dei suoi terreni calcareo-argillosi, e per il suo microclima ben ventilato, garantitogli dalla sua posizione.
Siamo un’azienda agricola, che significa che percorriamo l’intera filiera produttiva: produciamo le nostre uve, in circa trenta ettari di vigneti, le vinifichiamo, imbottigliamo il vino, e poi lo vendiamo. È un’azienda di famiglia, la cui nascita risale alla metà del ‘700. Abbiamo un’origine ladina, proveniamo dalla Val Gardena. I Moroder erano, e sono tuttora, intagliatori di legno, principalmente arte sacra. Un mio antenato migrò verso il sud, e trovò condizioni favorevoli ad Ancona; era un porto franco, c’era lo Stato Pontificio, e c’era il santuario di Loreto. Fece fortuna, l’investì in terreni, e così nacque il ramo agricolo, e marchigiano, della famiglia. Da allora l’azienda si è sempre tramandata di padre in figlio, fino alla scomparsa di mio nonno, nel ’55. Mio padre non era interessato a dare seguito alla tradizione, e l’azienda fu affidata a un fattore, fino agli inizi degli anni ’80, quando con mia moglie decidemmo di trasferirci qui. Vivevamo a Roma, io facevo tutt’altro, e così mia moglie; con la nascita del primo figlio ci venne voglia di provare a ricostruire quest’azienda. Era ancora in vita, ma abbandonata a se stessa, e danneggiata da un terremoto. Le case erano rovinate, in attività erano rimasti solo quattro ettari di vigna, e la cantina era molto piccola. Si faceva dello sfuso per i privati, si vendeva l’uva alla cantina sociale, e il resto dei campi era destinato ai seminativi. Appena arrivati, sistemammo le abitazioni, e rendemmo più funzionale la cantina.
Con tutti i suoi limiti, per quanto fosse molto artigianale, il vino prodotto non era male, e prendemmo la decisione di darci un indirizzo viti-vinicolo, piantando altre vigne.
Fu un bel periodo, la sfida di prendere un’azienda in passivo e di farla rivivere ci entusiasmava. Siamo stati un po’ bravi e un po’ fortunati, erano anni difficili e facili nello stesso tempo. Difficili perché si era appena usciti dal periodo buio del metanolo, facili perché era una fase in cui c’era attenzione ai vini di qualità. Siamo partiti subito con il piede giusto, anche se non è che fossimo esattamente degli esperti; eravamo pieni di fervore, ma io avevo studiato medicina, e mia moglie architettura. Allora, e non mi vergogno a dirlo, ho copiato!
Ho cominciato ad andare in giro, a vedere come si muovevano le aziende più quotate, come gestivano vigne e cantina, e ci siamo mossi anche noi per ottenere la massima qualità.
Dire che la via della qualità passa per le basse rese in vigna, con la selezione delle uve, oggi sembra scontato; ma in quegli anni, e in queste zone, questi erano discorsi del tutto sconosciuti. I primi riconoscimenti sono stati immediati, siamo stati la prima azienda della zona ad avere i tre bicchieri del Gambero Rosso, con la vendemmia dell’88. La crescita è stata continua, sia in termini di investimenti, che di numeri, fino ad arrivare alla fase attuale di circa 150.000 bottiglie prodotte.
La campagna ti fa vivere dei momenti esaltanti. La vendemmia è l’esempio migliore, e non solo i quindici giorni della raccolta, ma tutto il lavoro di preparazione, e quello che si fa dopo con le uve in cantina. Quando il vino comincia a prendere forma, ed è una forma che ha dentro anche qualcosa di tuo, è davvero una grossa soddisfazione”.
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
di più: www.moroder-vini.it
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