La luce radente di un pomeriggio di ottobre mi accompagna lungo la strada sterrata che conduce all’azienda Nittardi. L’appuntamento è per il giorno dopo, ma Léon Femfert, che gestisce con i genitori l’azienda di famiglia, mi ha messo a disposizione una stanza dell’agriturismo per la notte.
Il paesaggio è fatto di vigne, uliveti e boschi che si alternano sulle colline, mentre ogni tanto tra le piante compare una scultura.
Leon mi aspetta in azienda; deve rientrare a Firenze, ma prima di andare mi lascia una delle sue bottiglie di Chianti. Dopodiché passo circa un’ora a setacciare l’appartamento in cerca di un cavatappi, che neanche la Digos in un covo delle BR. Niente, di un cavatappi neanche l’ombra.
Prima di ricevere la bottiglia non avevo assolutamente sete, ma adesso sento che non sopravviverò senza bere almeno un bicchiere di vino. Mentre cala la sera, cerco compulsivamente una soluzione su internet, ma tutte risultano essere molto cruente, e non mi va di essere ritrovato al mattino su una scena simile a quella di un delitto. Rinuncio, i miei panini andranno giù con l’acqua.
Al mattino ho ritrovato la mia serenità, e con Léon passeggiamo per le vigne in cerca di spunti fotografici. Mi racconta della sua formazione in Germania, dell’arrivo in Italia nel 2006, degli studi filosofici a Firenze e dell’ingresso in azienda nel 2013. Ecco il suo racconto: ”Il primo documento che parli dell’azienda è del 1200, apparteneva ai monaci benedettini e il suo nome era Villa Nectar Dei, che nel tempo si trasformò in Nittardi. Fu acquistata nel 1549 da Michelangelo Buonarroti, che allora viveva a Roma, e affidò la produzione del vino al nipote Lionardo.
I miei la presero nel 1981, quando mia madre convinse mio padre, che ha una galleria d’arte a Francoforte, a tornare in Italia. Oggi siamo una piccola realtà nel Chianti Classico, a Castellina in Chianti, tra Firenze e Siena. Produciamo circa centomila bottiglie, tra questa azienda e quella in Maremma”.
Mi occorrono foto anche delle vigne maremmane, e così Léon si sobbarca la fatica di portarmi fin là. Troviamo un paesaggio più aperto, ventoso, dove si avverte la presenza del mare.
Tornati alla base, ci fermiamo in sala degustazione per una breve video-intervista. Ci sono decine di quadri alle pareti, tutte firme importanti nel campo dell’arte. “Ogni anno chiediamo due opere ad un artista, una per l’etichetta di un vino, e l’altra per la carta che avvolge la bottiglia. Negli anni abbiamo avuto bottiglie firmate da artisti del calibro di Yoko Ono, Dario Fo, Günther Grass, Igor Mitoraj…”.
È stata una giornata molto intensa, Léon deve tornare a casa, io resto lì ancora una notte. E con un bicchiere di Chianti in mano, di fronte alle incantevoli colline toscane, mi perdo nei miei pensieri. Il più importante dei quali è: “Mai più senza un cavatappi in valigia!”.
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