“Il vino deve essere capito. Tanta gente sa molto ma non capisce niente. Sapere si può sapere, basta andare in internet, ma capire è un’altra cosa. Bisogna almeno usare il sapere per capire, ma tanti se ne fregano di capire, pensano di sapere tutto”. E Peter Dipoli il vino lo capisce di sicuro, ha studiato e viaggiato, tanto è vero che con orgoglio mi dice “io mi sono sposato a 55 anni, ma il tempo libero prima non è che lo ho dedicato alle donne, l’ho dedicato al vino. E questo non me lo toglie nessuno!”
Che Peter non le mandi a dire a nessuno, è cosa risaputa. Ma argomenta così bene le sue idiosincrasie che per me è un piacere ascoltarlo. Pone alla base del suo lavoro una forte tensione etica – parola che compare spesso nel suo vocabolario – e per rispettarla non si nasconde se c’è da dar battaglia. Non fa sconti neanche agli amici, ogni tanto riprende anche me. Oggi però Peter mi sembra più felice, come pacificato; probabilmente l’ingresso in cantina del nipote Felix dà una prospettiva futura alla cantina che lo rasserena.
La sua visione del vino è bellissima, semplice e pura, a suo modo poetica: “un vino deve essere pulito, non difettoso…deve rappresentare una zona…bisogna fare poche cose e farle bene…ed essere consapevoli che il vino vale per quello che è nel bicchiere, senza dover essere costretti a diventare personaggi, a raccontare storie…vitigno giusto nella vigna giusta, e massimo rispetto per quello che ti dà la vigna. Noi non abbiamo il diritto di modificare il vino in cantina facendole diventare come dovrebbe essere per farlo piacere alla gente…ma c’è qualcosa che non può fare l’enologo, né il cantiniere. Questo qualcosa deve farlo il tempo”.
Ben vengano i cazziatoni, se mi permettono di carpire qualcosa della sua esperienza.
Per chi volesse approfondire, qui c’è un’ intervista fatta a Peter dieci anni fa.
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Dipoli é unico come il suo vino. Dalle sue parole arriva una lezione preziosa. Un insegnamento fondamentale per chi ambisce a capire il vino ed a farne una filosofia di vita oltre che una passione.