Trovo Simone al centro del grande cortile, che dirige il traffico delle uve in arrivo. Dalla vigna sta salendo il trattore, con i cassoni pieni d’uva. Simone fa una rapida ispezione ai grappoli e assaggia qualche chicco. Dà una mano per le manovre di scarico, e per riportare i cassoni vuoti sul rimorchio, e poi con il muletto impila rapidamente quelli pieni. Ogni tanto fa un controllo alla pigiatrice, che va a ritmo continuo. È soddisfatto, tutto sta andando come dovrebbe.
Per fare le riprese della raccolta, mi spedisce nella vigna di Pecorino, duecento metri più in basso. Lì trovo la squadra degli operai; qualcuno più anziano, in cui riconosco le facce dei contadini di sempre; gli altri, i ragazzi, tra piercing e tatuaggi ricordano i loro coetanei che giocano in serie A. C’è un clima allegro, si lavora veloci, e faccio fatica a seguire il loro ritmo. L’uva è bella, verde-oro brillante, gli acini hanno un’aria preziosa, e mi sembra già di vedere i lampi di luce nel bicchiere.
Quando ritorno in azienda, bianco di polvere (mi piace riprendere il taglio dei grappoli dal basso, sdraiato per terra), Simone mi guarda divertito. Per fare due chiacchiere entriamo in cantina, finalmente all’ombra.
La prima cosa che noto, proprio all’ingresso della cantina, sono gli erogatori per il vino sfuso. Simone mi chiarisce subito uno dei principi dell’azienda, la volontà di fare vini accessibili a tutti. “Abbiamo sempre venduto il vino sfuso; ci sembra giusto che anche chi non vuole spendere cifre importanti possa bersi un buon bicchiere di vino a tavola, prendendo dell’ottimo sfuso. Con lo sfuso siamo nati, e con lo sfuso siamo cresciuti, e continueremo a farlo.
La proprietà è di circa venticinque ettari; gran parte di questi è disposta intorno l’azienda, nella vallata San Savino, in Contrada Santa Maria in Carro, e il resto ad Acquaviva Picena.
I nostri terreni sono di medio impasto, tendenzialmente argillosi, e vi coltiviamo quattro varietà; due a bacca rossa, Sangiovese e Montepulciano, e due a bacca bianca, Passerina e Pecorino. Sono le varietà che già coltivava mio nonno, tipiche della zona, e che noi continuiamo a valorizzare perché convinti delle loro potenzialità, senza dover ricorrere a vitigni che non appartengono alla nostra tradizione.
Io non sono entrato in azienda, io in azienda ci sono sempre stato. Se proprio dobbiamo mettere una data, diciamo che, nel 2001, dopo il servizio militare, ho cominciato a lavorare a tempo pieno. Questo è un lavoro in cui i risultati non sono immediati. Ci vuole tempo, passione, impegno; si devono fare errori, si deve sbattere il muso, ma alla fine le soddisfazioni arrivano. È un bel mondo, fatto di persone particolari, e mi affascinano tutte le sue fasi, dalla vita in campagna al rapporto con i clienti. Rapporto che deve essere stretto, il produttore non deve mai dimenticare a chi è rivolto il suo lavoro, e gioire della soddisfazione di chi beve i suoi vini.
L’inizio della vendemmia è un momento di grande gioia, ma è anche il momento di maggiore stress. C’è una forte tensione, troppe cose da tenere sotto controllo, che si scarica solo quando si inizia a raccogliere, e si avverte un senso di liberazione. È un periodo di grandi fatiche, ma è il momento della resa dei conti, un bel momento”.
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
di più: www.sansavino.com
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