Arrivo in anticipo alla Tenuta Mazzolino, a Corvino San Quirico, nel cuore dell’Oltrepò Pavese.
C’è solo la signora Cinzia, che mi prepara un indispensabile caffè. Ho tempo di guardarmi intorno, è tutto molto ben tenuto, elegante ma senza orpelli. Sto riprendendo dei ciliegi in fiore quando arriva Francesca Seralvo, che dirige la tenuta, e subito dopo Stefano Malchiodi, managing director.
Andiamo subito in campagna, c’è il sole e stare in vigna è proprio un piacere. Ci sono giornate che, per la bellezza dei luoghi e la cordialità degli interlocutori, passano via in un attimo ma restano poi ben impresse nella memoria. Così è stato alla Tenuta Mazzolino.
L’azienda nasce nell’88, dal desiderio di Enrico Braggiotti di avere un posto in cui riunire la famiglia. Affida la conduzione alla figlia Sandra, che intuisce il potenziale enologico dei terreni e decide di farne un piccolo angolo di Borgogna. Importa cloni di pinot nero dalla Francia e, contrariamente all’uso dell’Oltrepò, li vinifica in rosso. Oggi l’azienda è nelle mani di Francesca, la figlia, che racconta così il suo arrivo in campagna: «Facevo l’avvocato a Milano, ma quando mia madre ha espresso il desiderio di ritirarsi e mio nonno mi ha convocata e chiesto se me la sentivo di prendere il suo posto, non ci ho pensato due volte. È un sogno, sono passata dal lavoro in ufficio al lavoro in campagna, ed è bello, bellissimo.
Con Stefano tutti giorni andiamo in vigna e in cantina, assaggiamo quotidianamente i nostri vini, decidiamo che direzione debbano prendere. Mi piace tutto, mi piace andare in campagna e vedere come si evolve la vite, capire come i lavori fatti un anno prima influenzano la vendemmia che verrà… le stagioni passano veloci, da gennaio alla vendemmia è un attimo. Mi piacciono gli assaggi, le prove in cantina. Quando mio nonno, nel 1999, decise di puntare sul pinot nero vinificato in rosso, volle avere con sé l’enologo considerato una star in Borgogna, Kyriakos Kynigopoulos. Oramai è un amico, passa da noi ogni mese, riassaggiamo tutte le barrique, tutte le vasche, e questo lavoro continuo dà i suoi risultati, si riflette nella bottiglia.
Mi occupo anche delle vendite, perché il vino poi alla fine bisogna venderlo; curo i contatti con clienti, venditori, importatori, bisogna viaggiare molto.
Le vigne principali sono di pinot nero e di chardonnay. Con questi vitigni vinifichiamo col Metodo Classico, Chardonny 100% e Pinot nero 100% rosato. Poi facciamo due riserve, il Blanc e il Noir, e due vini quotidiani, il Camarà e il Terrazze. Facciamo poi una Bonarda, autoctona dell’Oltrepò Pavese, in versione ferma, e qualche bottiglia di Moscato».
Stefano mi spiega la composizione dei suoli, «c’è uno strato uniforme di 40 centimetri d’argilla, ma sotto troviamo due situazioni differenti. Dove il mare si è ritirato prima, 60 milioni di anni fa, c’è sabbia. Dove è rimasto più a lungo si è formato invece uno strato di arenaria. Entrambe le situazioni sono attraversate da vene di calcare, ed è lì che le radici vanno a cercare l’acqua d’estate».
Mi parla dei vini prodotti con orgoglio, «nei nostri vini cerchiamo eleganza; pinot nero e chardonnay si esaltano nell’eleganza, anche perché difficile da ottenere. E concretezza, come concreta è questa terra. Come diceva Mario Soldati, questa è una terra che non è in grado di fare piccoli vini, ma una terra in grado solo di fare grandi vini». E se lo diceva Soldati, noi ci crediamo.
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