in breve:
Massimo Palmieri ha un che di teatrale, nel fisico e nei modi. Alto, atletico, un bel sorriso e grande gestualità. Quando lo vedo penso a Gassman, il Mattatore. Molto più pacata la moglie francese, Pascale Marquet. Che però mette subito le cose in chiaro: ” Direi che sono stata io l’origine della spinta. Volevo fare la mamma, e a Milano era impossibile”.
Nei primi anni 2000 vivevano a Milano, ma quella vita cominciava a stargli stretta. Due bimbi piccoli, Sophie e Jordi, e lavoro troppo frenetico. Cominciano a guardarsi intorno, senza preclusioni. Le campagne francesi, la Toscana, le Marche, la Puglia. Proprio tornando dalla Puglia visitano diverse aziende marchigiane, finché la loro attenzione cade sull’attuale Tenuta San Marcello. Ma sembra un progetto troppo impegnativo, e passano oltre. Ma poi il pensiero tornava sempre lì, a quelle colline dolci con panorami che sfumano all’infinito, e allora decidono di buttarsi.
Si parte da un vecchio rustico da sistemare, per fare agriturismo, e da colture intensive cui cambiare destinazione. I nonni pugliesi di Massimo erano agricoltori, lui ha già una certa pratica. Decide di fare il vino, e nel 2010 fa la sua prima vendemmia: ” È stata un disastro, perché avevo voluto fare tutto da solo. Avevo letto libri, fatto corsi di biodinamica, ma alla fine quel vino l’ho buttato via tutto. Decisi così di farmi affiancare da un agronomo ed un enologo, per imparare la grammatica del mestiere. Ho imparato tantissimo, ma dopo qualche anno ho deciso di liberarmi dagli schemi dell’enologia moderna. Nonostante mi sia rivolto a diversi enologi, anche di scuole diverse, ritrovavo sempre gli stessi metodi. Ho deciso allora di studiare in un luogo dove il vino viene fatto ancora come secoli fa, e sono partito per la Georgia, dove è nata la viticoltura.
Sono rimasto lì un mese e mezzo, a girare e studiare i loro metodi. Visitavo tre cantine al giorno, cui ripetevo le stesse quaranta domande che mi ero preparato, ed ho creato relazioni ed amicizie ancora attive. Sono tornato influenzato dal loro modo di fare vino, e nel 2016 ho iniziato ad usare le anfore. Mi ero sempre chiesto come mai, mentre noi seguiamo le mode dell’acciaio o delle barrique, loro non avessero mai sentito il bisogno di cambiare questo antico metodo, vecchio di migliaia di anni, delle anfore interrate. Lì sotto il vino fermenta ad una temperatura controllata, ed è il suolo che la controlla “.
Per mostrarmele, Massimo mi porta in fondo al giardino, sotto un gazebo che guarda i vigneti. Lì apre una botola e compare la bocca dell’anfora. Si inginocchia e con l’aiuto di un alzavino estrae un liquido ambrato e fresco, un nettare nella calura del pomeriggio.
Continua Massimo: “Importai le anfore da un piccolo paese dell’Imereti, in Georgia, dove ci sono argille per le anfore molto particolari. E a guardare indietro, se unisco i punti della mia traiettoria, mi rendo conto che tutto prende un senso. Qui nelle Marche per secoli c’erano i Piceni, e anche loro vinificavano in anfora. È una tradizione di queste zone che abbiamo dimenticato”.
Anche i vitigni utilizzati sono quelli della tradizione, il verdicchio ed il Morro d’Alba. “Il verdicchio l’avevo bevuto, ma non mi ero reso conto del potenziale di questo vitigno, in anfora è straordinario. Ed il lacrima di Morro d’Alba, dopo il paesaggio, è stato un elemento che mi ha convinto a fermarmi qui. È poetico già dal nome, e dall’enorme potenziale aromatico”.
L’ultima parola spetta a Pascale, che racconta del suo amore per le Marche: ” Le Marche sono l’armonia, l’equilibrio, i colori, le stagioni…ma non quattro stagioni, almeno sedici! Basta una trebbiatura, un taglio d’erba, e tutto cambia. C’è un’autenticità in questa regione, e nelle persone. Sono slow dentro. Qualcuno ci compara alla Toscana. Ma io, straniera, la Toscana la vedo come la parte nobile del centro Italia. La parte rurale, la parte delle trippe, della pancia, per me sono le Marche!
Giorgio Roversi dice
Ho avuto la fortuna di partecipare all inizio di questa meravigliosa avventura,sopratutto con Pascale ci siamo occupati con amore e ingegno all arredo.Massimo è un grandissimo lavoratore e nei lori progressi c e tanto del Suo sudore ,lacrime e fatica.
Viene facile volersi bene, a me bastavano 10 minuti a San Marcello per dimenticare il mondo così diverso di Rho ..
Scrima renato dice
Fate una cosa bellissima e salvaguardate il territorio è una salvezza per il mondo finché ci sono delle persone come voi complimenti
Giorgio dice
Vi faccio I miei complimenti per la vostra scelta professionale .HO AVUTO LA FORTUNA DI ASSAGGIARE I VOSTRI VINI IN QUANTO ENOLOGO, NON CHE COMMERCIALE DI 130 CANTINE VI DICO CHE AVETE DEGLI OTTIMI PRODOTTI. CONTINUATE CON QUESTA FILOSOFIA . SANTAGOSTINI GIORGIO .