Lo sapevo, ma vederlo di persona è un’altra cosa. Grandi boschi di conifere mi accompagnano nel viaggio verso l’interno della Calabria, e così raggiungo Terre del Gufo, in provincia di Cosenza, carico di meraviglie per un paesaggio così verde che neanche in Norvegia. Ad aspettarmi trovo Annalisa Camerlingo ed Eugenio Muzzillo – amici di lunghissima data – più una parmigiana di melanzane preparata dalla figlia Margherita, fresca di studi enogastronomici a Pollenzo.
Ma prima di poter apprezzare la parmigiana c’è da intervistare Eugenio. La cosa è sempre piacevole (quasi quanto una parmigiana) perché Eugenio accompagna buoni studi di filosofia a uno humour partenopeo che mi riempie di nostalgia.
“L’azienda è ai piedi della Sila, a cinquecento metri d’altitudine. È una zona vocata per la viticoltura, è il territorio di più antico impianto di vite ed olivo, le colture più diffuse. Qui si fa vino da sempre, anche se in maniera non organizzata, è sempre stato un prodotto artigianale. Non è il territorio più conosciuto, certamente non quanto Cirò, che è la zona con cui si identifica la Calabria vitivinicola. Ma è un’area interessante, caratterizzata da forti escursioni termiche, e i vini hanno un profilo diverso da quello che ci si aspetterebbe da vini calabresi. Sono sottili, eleganti, con strutture polifenoliche accentuate e livelli di acidità che difficilmente vengono associati a vini meridionali. E noi a Terre del Gufo cerchiamo di fare vini che siano corrispondenti con questi luoghi.
L’azienda è partita nel 2003, quando abbiamo impiantato le nuove vigne, prelevando le marze da vitigni locali, che da sempre qui è il magliocco dolce. Nel 2007 abbiamo avuto la prima produzione, e nel 2008/9 abbiamo iniziato la commercializzazione di pochissime bottiglie. Ma fin da subito abbiamo avuto dei buoni riconoscimenti, sia da un punto di vista commerciale che di critica. Lavoriamo quattro ettari di vigne, e produciamo circa 25.000 bottiglie, a seconda delle annate. Perlopiù vini rossi, quattro, più un rosato e un bianco.
Lavoriamo molto col magliocco dolce (da non confondere col magliocco canino, altro vitigno calabrese). Dà vini non immediatamente riconoscibili come vini meridionali, in genere più ricchi e corposi, mentre questi hanno un profilo sensoriale molto sottile. Quando è stata fatta la DOC Terre di Cosenza c’era una grandissima attesa, perché si pensava che il magliocco avrebbe potuto caratterizzare tutta la viticoltura calabrese. Questo è in parte avvenuto, ma spesso la scelta di puntare sul magliocco non è stata radicale, lo si è voluto accompagnare con vitigni internazionali, cercando di correggere le caratteristiche del vitigno, per paura che non venissero accettate dai mercati. È stata una scelta che non ha giovato all’espressione della viticoltura locale, che invece potrebbe puntare sul magliocco, che ha caratteristiche veramente interessanti.
Ho sempre avuto una passione per il vino e per la terra, ma soprattutto per il Mezzogiorno, per la Calabria, e mi piaceva che anche attraverso il vino si potesse esprimere una sorta di appartenenza, che attraverso una produzione si potesse dare un significato all’essere meridionali, calabresi, all’essere nati e cresciuti in queste zone. Zone che conservano un certo livello di arcaicità molto interessante. La Calabria paga la mancanza di sviluppo, ma conserva dei caratteri peculiari per chi lavora nel settore agroalimentare, che può proporre prodotti ancestrali, difficilmente riproducibili. Per questo credo sia importante, nel campo enologico, puntare sul magliocco. Bisogna credere in questi vini che sono poco riducibili a modelli diffusi, mentre troppo spesso si è cercato di produrre mascherando, attenuando le caratteristiche proprie. Invece questi sono vini interessanti perché vitali, ed è evidente al primo assaggio”.
Riccardo Mercurio dice
Vini eccezionali nati da un particolare e antico vitigno “Il Magliocco” , ma particolarmente dalla dedizione e professionalità dei proprietari Eugenio e Annalisa. Complimenti.
Annalisa dice
Grazie Richard
Cherubino Gambardella dice
Una proprietà stupenda, una architettura sanamente instabile sotto quel tetto norvegese e Mediterraneo che avrebbe potuto pensare Sverre Fehn oppure Ralph Erskine ed invece viene dalla penna elegante di zio Peppino Muzzillo detto il gufo,appunto. Immagina e rivede la timpa dei suoi avi e,da architetto di classe, la reinventa in una luce da eclisse. Siamo sospesi tra un paesaggio enigmatico e una luce meridiana degna del realismo magico di Massimo Bontempelli. Vini meravigliosi di mio cugino Eugenio e della bellissima Annalisa, sua moglie. Ormai é passato tanto tempo e,per fortuna, c’è Margherita bella come sua mamma e bravissima che continuerà di sicuro una tradizione nobiliare calabra e antica. Non vi perdete la sosta a Donnici: é un mondo!
Leen Spruit dice
Vini squisiti ; sensazioni angeliche che rigenerano anima e corpo; grazie