Sono nell’azienda Sandrone, a Barolo, in compagnia di Barbara Sandrone. La mia intenzione era di intervistare il padre, Luciano, ma Barbara mi fa capire che oggi è impossibile, sono in vendemmia, è troppo occupato. Decidiamo di passare comunque a salutarlo.
“Sento fischiare da questa parte, sicuramente è in cantina”. Barbara, per localizzare l’attivissimo Luciano, si orienta seguendo il suo fischiettare.
Troviamo Luciano intento a spalare via le bucce da un tino, è affabile e gentile, ma tutto quel che mi concede è di poter riprendere una fase di rimontaggio, evidentemente orgoglioso dei suoi macchinari. È al lavoro dalle cinque del mattino ma, se è stanco, non lo dà certo a vedere. Rimanda l’intervista a un generico “casomai dopo”, e riprende a spalare.
Con Barbara ritorniamo in sala degustazione, e lei comincia a raccontare:
“Siamo ai piedi della collina di Cannubi, e questa è la nostra sede nuova, siamo qui da quattordici anni. L’azienda è nata nel 1978, da un’intuizione di mio padre, Luciano Sandrone. Non avevamo una tradizione in questo settore, i miei nonni erano falegnami, e tutto è nato per caso. Mio padre aveva interesse per il vino e, anche se aveva solo quindici anni, riuscì ad entrare alla Giacomo Borgogno, una cantina storica della zona, come aiutante del capo-cantiniere. Rimase a lungo presso i Borgogno, imparando a vinificare secondo la tradizione, fino a che partì militare. Al suo ritorno, iniziò una nuova collaborazione, presso la Marchesi di Barolo, e in capo ad un paio d’anni fu promosso capo-cantiniere, e per lui quella rappresentò una vera svolta. Poi, dopo anni di vendemmie passate in cantina, ha sentito la necessità di esprimersi anche in vigneto, perché è lì che tutto comincia. Nel ’77 colse al volo l’occasione propostagli da un contadino della zona, che doveva frazionare la sua proprietà e cedeva alcuni appezzamenti, cui nessuno dei suoi familiari era interessato. Lo acquistò, a costo di un grosso sacrificio e qualche discussione in casa. Il vigneto si trovava proprio nella zona storica del Barolo, nella collina di Cannubi, sottozona Boschis.
La prima vendemmia fu del ’78, decisiva per noi, poiché fu un’ottima annata, che lo spinse a decidere di non vendere l’uva, ma di imbottigliare in proprio. Erano solo millecinquecento bottiglie, una produzione limitata, ma per i miei genitori veramente impegnativa, visto che continuavano entrambi a lavorare dai Marchesi di Barolo. Ma il vero cambio di passo ci fu quando decisero di lasciare i rispettivi lavori, per dedicarsi esclusivamente alla nostra azienda, mia madre nell’85, mio padre nel ’90. Decisione inevitabile, ma che a quel tempo costituiva un azzardo, non c’erano risparmi alle spalle che facessero da paracadute, noi siamo partiti veramente dal nulla.
In azienda lavora anche Luca, fratello di mio padre, da cui lo dividono ben ventitré anni, al punto che tutti, anche qui in paese, pensano sia mio fratello. Ha frequentato la scuola enologica, ha lavorato nel Roero con i bianchi, per poi tornare in famiglia, e al momento si occupa delle vigne. Io, invece, seguo tutto il settore commerciale. Di lavoro c’è n’è tanto, Luca dispone di una squadra di dodici persone, mentre in ufficio sono aiutata da tre ragazze. Col tempo siamo cresciuti, soprattutto nei mercati esteri, che coprono quasi il novanta per cento delle nostre vendite”.
Intanto è arrivato anche Luca; si offre di accompagnarmi nel vigneto di Cannubi, e poi corre via, a vendemmiare la Barbera a La Ginestra, lasciandomi da solo nel vigneto a divertirmi. Sì, perché ci sono poche cose che mi piacciano tanto quanto gironzolare per una vigna a scattare foto. Ma, per favore, non ditelo al mio editore.
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
di più: www.sandroneluciano.com
Sergio Carrozza dice
Non posso trovare voi su cardsapp, come posso trovarti?