Per arrivare a Corte Sant’Alda, da Marinella Camerani, si lascia il paese di Mezzane di Sotto e ci si inerpica per una strada che si restringe sempre più, fino a diventare uno sterrato, in località Fioi. Una volta che si è sulla strada giusta i cartelli son ben visibili, ma in paese c’è n’è solo uno, ben nascosto. Ho dovuto chiedere informazioni un paio di volte, anche perché il mio navigatore si era lanciato in una serie d’interpretazioni che ricordavano più un quadro di Pollock che una carta stradale.
Marinella arriva con un camicione bianco, che esalta i capelli argentati e gli occhi scuri e penetranti. Lei non ricorda, ma c’eravamo già incontrati a Villa Favorita, la manifestazione di VinNatur, e già allora mi aveva colpito la sua presenza scenica, un tono subito confidente e allegro, e un sottofondo autoritario. Insomma, la sensazione che, sbagliando qualcosa, mi potrebbe arrivare da un momento all’altro un affettuoso scappellotto.
La proprietà è di quaranta ettari, di cui venti di vigna. Produce solo vini Doc, un ettaro dedicato al soave, e tutti gli altri hanno vitigni del Valpolicella (Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara). “Abbiamo fatto la scelta di avere solo uve tradizionali, non ci sembrava il caso di piantare Cabernet o Merlot, che vengono fatti dappertutto, meglio affrontare i mercati con i vini della nostra tradizione. Le bottiglie sono circa ottantamila, c’è un Soave, un Valpolicella giovane, un cru di Valpolicella, un Ripasso, un Amarone e un Recioto. Voglio fare vini buoni partendo dalle energie che mi circondano. La mia idea è di prendere tutto quello che c’è di buono qui, dalla terra, dalle piante, dalla luce e dalle persone, e metterlo nel vino.
Se non usi la chimica in campagna, puoi farne a meno anche in cantina. Ma se intervieni pesantemente nel vigneto, poi l’uva che porti a casa devi continuare a sostenerla artificialmente, altrimenti non ce la fa a portare a termine la vinificazione. Sarà un’uva esteticamente più bella, ma dal punto di vista organolettico sarà povera, priva di energia. La mia è un’uva “selvaggia”, con la buccia spessa e una forza vitale che non necessita di alcun aiuto. Ormai sono quindici anni che lavoriamo così, e ci troviamo bene. Oddio, ogni tanto c’è qualche problema, ma fa parte della vita! “ E allarga le braccia e scoppia a ridere.
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
di più: www.cortesantalda.com
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