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Avevo incontrato Aurelio Del Bono un anno fa, a Villa Favorita, mentre presentavo il mio blog ai vignaioli di VinNAtur. Un corpaccione solido da lavoratore, due occhi stretti e furbi, un bel sorriso. Giusto due chiacchiere, e la promessa di andare a trovarlo in azienda. Nel corso della giornata ebbi modo di conoscere Vincenzo Dell’Accio, di Atto A divenire, che mi consigliò caldamente una visita a Casa Caterina; mesi dopo, Fulvio Bressan, come al solito leggermente iperbolico, parlando di Franciacorta mi disse che l’unica azienda meritevole era quella dei fratelli Del Bono.
Partirono allora le ricerche; scoprii che l’azienda non è sulle guide e non ha un sito internet, ma in compenso ha alcuni blogger che l’adorano (1,2,3,4,5), e un Andrea Scanzi decisamente meno convinto.
A questo punto cosa potevo fare se non prendere la macchina e andare a Monticelli Brusati a vedere di persona? *
Trovo i due fratelli, Aurelio ed Emilio, intenti alla potatura. Avanzano a singhiozzo, tirandosi dietro un carretto, e sono avvolti da una nuvola di fumo azzurro. E’ un braciere, dove i tralci vengono bruciati, concimando nel contempo il terreno e dando ai potatori un po’ di calore durante il lavoro. La controindicazione è che dopo un paio d’ore sembro una scamorza affumicata. I due sono molto diversi, sin dalla corporatura; Aurelio è grosso, esuberante, ed è quello che ci mette la faccia. Emilio, smilzo e schivo, se ne sta tutto l’anno in campagna, tra filari e cantina.E’ una bella mattina d’inverno, ed è divertente seguirli al lavoro, è un po’ come saltare la scuola e godersi il sole a Mergellina.
L’azienda è a conduzione biodinamica, in tutto sette ettari, e produce 20.000 bottiglie. La cosa sorprendente è che nonostante si sia in Franciacorta, e che producano bollicine, i Del Bono hanno rinunciato alla D.O.C.G. e a tutti vantaggi che ne conseguono. Coltivano decine di vitigni, e fanno produzioni da mille bottiglie. I vini, a dosaggio zero, hanno una lunghissima maturazione sui lieviti; per i Del Bono il fattore tempo è fondamentale.Le bottiglie vanno a ruba, nonostante non vengano via a poco.
In azienda non c’è niente di glamour (leggi “fighetto”), è tutto molto rustico, ma i vini hanno forza e sentimenti, e uno dei crucci di Aurelio è che siano troppo pochi per soddisfare tutti, e quando lo dice sembra davvero dispiaciuto.
*Il fatto che io vada in un’azienda non significa che io abbia gli strumenti teorici per capire tutto ciò che vi accade. Vado per imparare, e per darvi un’idea. Resto convinto che uno Ziliani o un Peretti bevendo un bicchiere capiscano più di me se ci restassi un mese. Però mi piace andarci, e qualcosa imparo sempre.