Ci sono alcune parole difficili da maneggiare. Una di queste è la parola “amore”.
Parola forte, dispotica, ma anche dolce e appiccicosa, ed il rischio è di restarne impiastricciati.
Ma a volte bisogna usarla, perché ci aiuta a spiegare alcune delle nostre scelte.
Nasce infatti per amore la scelta di Peppe Mancini, che ha lasciato il suo lavoro di avvocato per ricercare vecchi vitigni autoctoni dimenticati, e sempre per amore Manuela Piancastelli si è licenziata dal Mattino di Napoli per seguirlo nell’avventura, e dare così vita all’azienda di Terre del Principe, che in pochi anni si è imposta all’attenzione della critica internazionale.
Tutto inizia dai ricordi Peppe, e del vino bevuto da suo nonno, che lo portava in calesse per le campagne dell’alto casertano, terra di dolci colline, fertili e piene di vento, affacciate sul monte Taburno. Il desiderio di riassaggiare quel vino lo porta ad indagare presso i contadini della zona, fino al ritrovamento di alcune vecchie piante risalenti al periodo pre-fillossera.
Il Pallagrello ( in dialetto pallarella, pallina) prende il nome dalla forma dei suoi acini, perfettamente sferici, e la stessa varietà si presenta a bacca rossa o bianca. Il suo vino era tra i prediletti dai Borboni, ma la sua delicatezza e le scarse rese lo avevano lentamente fatto sparire, nonostante Veronelli avesse più volte segnalato il pericolo della sua scomparsa.
E’ stato il paziente lavoro di Peppe Mancini a riportarlo alla luce, suscitando curiosità tra gli addetti ai lavori. L’incontro con Manuela (che l’aveva cercato per intervistarlo), cambia il corso degli eventi. Non più qualche moggio di terra per un vino da bere con gli amici, ma una vera azienda, con l’idea di produrre il vino più buono del mondo (un obbiettivo bisogna pur darselo!).
Ora gli ettari sono 11, sparsi tra Castel Campagnano, Ruviano e Castel di Sasso, ed oltre al Pallagrello nero e quello bianco, si è aggiunto un altro vitigno autoctono, il Casavecchia, dalle origini antiche e misteriose. Si producono circa 60.000 bottiglie, due bianchi, un rosato e quattro rossi. Fra questi, due vengono prodotti in purezza, l’Ambruco (Pallagrello) e il Centomoggia (Casavecchia). Al buon andamento dell’azienda contribuiscono Masina, figlia di Peppe, l’agronomo Gaetano Pascale, e l’enologo Luigi Moio, alla cui sapienza Manuela e Peppe non mancano mai di fare riferimento.
Per l’intervista scendiamo nella nuova cantina. Rimango incantato. Tutta scavata nel tufo, 15 metri sottoterra. Ha qualcosa di sacro, la prima cosa che mi viene in mente è una chiesa paleocristiana. Manuela me ne parla con entusiasmo, 10 gradi costanti e assenza di vibrazioni, perfetta, e intanto le brillano gli occhi. Se non è amore questo!
Per saperne di più: www.terredelprincipe.com
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