Corrado Dottori ha un fisico nervoso, atletico, capelli lunghi e arruffati, baffi e pizzetto da moschettiere, un atteggiamento sicuro di sé. Sembra sempre leggermente altrove. Più che distratto, assorto.
E, quando si parla di lui, bisogna tener presente la sua metà, Valeria. Non è un modo di dire, Valeria e Corrado insieme fanno uno. Unità non divisibile.
Arrivo in azienda di buon mattino, accolto dai figli, Giacomo e Giulia, che si fanno sempre più belli. Dopo un attimo di imbarazzo, corrono ad avvisare del mio arrivo, e poi mi danno una mano a montare il set fotografico. È buffo, girando per le aziende di mezza Italia incontro centinaia di bambini, di cui seguo la crescita come fossero miei nipoti. Ci raggiunge Corrado, e partiamo subito con l’intervista, che siamo sotto vendemmia e, anche se oggi non si raccoglie, ci sono mille cose da fare.
“Il primo investimento qui a Cupramontana lo fece mio nonno; era ingegnere, e con i risparmi comprava vigneti, con l’idea di condurre un’azienda vinicola una volta in pensione. Quando tutte le proprietà furono messe in vendita, i miei genitori riuscirono a trattenere solo pochi appezzamenti, che furono dati a mezzadria. Qui siamo sempre tornati per le vacanze, ricordo quelle estati lunghissime passate a correre per le campagne, a tuffarsi nel fieno, a scapicollarci con carretti di legno per le discese bianche di brecciolino. Poi si tornava a Milano, che mi sembrava ogni volta un po’ più grigia. Ho fatto il liceo classico, e poi l’università, laurea in Economia. Studi appassionanti, ma sentivo dentro di me un suono falso, una nota stonata. Sensazione che si è amplificata con l’ingresso nel mondo del lavoro, in banca, a vendere titoli e fondi d’investimento. Era davvero quello che volevo fare? E cosa sarebbe stato di me da lì a vent’anni? Mi piaceva quel Corrado che potevo intravedere? La risposta l’ho avuta un pomeriggio di novembre, mentre ero in cima ad un albero”.
Riporto qui ciò che ha scritto Corrado, nel suo libro “Non è il vino dell’enologo”; perché capitano di questi momenti, anche se poche volte nella vita, e mi piace rivivere quell’emozione di comprensione assoluta, quell’istante in cui tutto ci è chiaro, e ci sentiamo pronti ad affrontare la prova: «È un attimo. Mentre raccolgo le olive da un albero ultracentenario, della varietà chiamata carbonella, d’improvviso, mi trovo a riflettere seriamente sulla possibilità di cambiare radicalmente la mia vita. Non più giacca e cravatta, non più quotidiani signorsì a grigi dirigenti di banca, non più transazioni finanziarie dalla dubbia moralità, non più relazioni fredde, vuote, anonime…No. Quello di cui ho bisogno è una distesa di colline, ampi spazi da respirare, un cane bianco…Semi da lanciare nel vento, alberi da piantare, da veder crescere, curare».
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
di più: www.ladistesa.it
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