Per chi va di fretta:
“Casole è un gruppo di case che appartiene a Lamole“. Così come la racconta Susanna Grassi, de I Fabbri, è una maniera alquanto riduttiva. Provate a immaginare un piccolissimo borgo antico su di un colle, circondato da vigne e mandorli fioriti, in una dimensione quasi fuori dal tempo. Praticamente “Frittole, 1400 quasi 1500“.
Susanna lì ha dei locali con un bel terrazzo per le degustazioni, e mi aspetta per il giro delle vigne. Lamole ha i vigneti più alti del Chianti Classico, un centinaio di ettari per otto produttori.
Conosco Susanna da qualche anno, ci incontriamo sempre al Mercato dei Vignaioli FIVI. È sempre tra le prime a venire a farsi fotografare per il ritratto di prammatica, e la prima a ringraziarmi quando riceve le foto. Però la nostra è una conoscenza da fiera, oggi dovremo approfondirla.
Partiamo dalle vigne basse (550 m.s.l.m.), di cui è giustamente orgogliosa. È una piccola conca, Pian del Doccio, dove le piante di sangiovese sono circondate da una strada bianca e da uliveti, ed ospitano una decina di arnie e un bel fontanile.
In tutto l’azienda ha sette ettari, perlopiù a sangiovese, ma c’è anche del canaiolo e, per i bianchi, malvasia lunga del Chianti, trebbiano toscano e san colombano.
“Faccio parecchie etichette, tre Chianti Classico, una Riserva, una Gran Selezione, e un bianco con le uve dei vecchi vigneti. E poi una bottiglia “divertente”, , fatta assemblando le uve schioppetino della mia amica Anna Muzzolini, friulana, con il mio sangiovese. Siamo biologici, e stiamo facendo i primi passi verso la biodinamica. È facile qui a Lamole, ci sono le condizioni ideali per poterlo essere, c’è un’ottima esposizione ed è un luogo molto asciutto, con suoli poveri e molto drenanti. Non essere bio a Lamole sarebbe davvero un peccato. Certo, questo richiede una costante presenza in vigna per monitorare lo stato di salute, ma è anche un modo per conoscerla meglio”.
Intanto raggiungiamo i vigneti alti (650 m.s.l.m.), dove si ha una perfetta visione panoramica della zona. Facciamo qualche ripresa e poi scendiamo di nuovo verso Casole, dove Susanna sta impiantando nuove vigne. È una collina ripida, e per farlo occorre terrazzarla tutta, un’opera che mi appare così impegnativa che la giustifico dentro di me rievocando la notoria pazzia dei vignaioli. Susanna parla con gli operai, accarezza il muro a secco che cresce, guarda felice i nuovi terrazzamenti, intanto che io mi diverto col drone.
Andiamo a pranzo in un ristorante lì vicino, dove incontriamo Piero Lanza, della Fattoria Poggerino, poco distante. Una volta seduti, Susanna va avanti col racconto: “Ho cominciato a fare vino a trentasette anni, prima avevo un’altra vita, una vita d’ufficio. Ma volevo ridare dignità a questo luogo, che appartiene alla mia famiglia da tantissimi anni, dal 1600, e dove la nostra assenza trentennale aveva, appunto, fatto perdere dignità. Una scelta da incosciente, ma alla fine è stata un’avventura bellissima.Perché l’agricoltura, se piace, ogni giorno ti regala qualcosa. È una fonte d’ispirazione personale, anche intima”.
Non so quanto l’agricoltura le abbia regalato, ma più che un regalo mi è sembrata una giusta retribuzione per il tanto lavoro, amore e dedizione che Susanna le ha dedicato.
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