L’azienda Begali è in località Cengia, a San Pietro in Cariano. È giusto a metà strada tra le aziende di Monte Dall’Ora e Villa Bellini, potete visitarle tutte in un solo giro. Ed è stata proprio Cecilia Trucchi, di Villa Bellini, a indirizzarmi da Lorenzo Begali. “Non puoi non conoscerlo, è un pezzo di storia della Valpolicella. Se hai poco spazio nel libro, piuttosto metti lui”. Mi lascio convincere dall’entusiasmo di Cecilia, e decido di andare a conoscerlo.
E faccio bene, perché incontrare Lorenzo è un’esperienza unica, è come tornare indietro nel tempo. Al primo contatto, mi mette subito in guardia, lui non è tipo di molte parole.
Mi hanno raccontato che fa lo stesso quando presenta i suoi vini nei giri promozionali con le Famiglie dell’Amarone. Mentre tutti si dilungano a descrivere le caratteristiche dei propri vini, lui invece di solito si alza e dice: “Con i discorsi non sono bravo. Qui ci sono i miei vini, beveteli”, e si risiede. Pare che il pubblico apprezzi molto.
« D’estate accompagnavo mio padre per le arature; avevo solo sette anni, mi alzavo alle quattro del mattino, e guidavo la coppia di buoi, mentre mio padre dietro teneva l’aratro. Ma erano altri tempi, chi non li ha vissuti non riesce nemmeno a immaginarli. Ora qui fuori c’è traffico come in città, una volta correvamo a veder passare la corriera, due volte al giorno, come fosse un’astronave. Andare al cinema era un’impresa, cinque chilometri a piedi fino a Negrar, lo facevamo un paio di volte l’anno, ed era come andare a New York. Ma eravamo felici, non so le sono i ragazzi di oggi. Li vedo sempre con quei telefonini in mano, tutti in silenzio, ma cosa fanno, perché non si parlano?
Da giovane ho cominciato a lavorare in fabbrica, ma ho capito subito che non faceva per me.
Mi è sempre piaciuto stare in campagna, anche quando voleva dire molta fatica in più, e alla fine non rendeva niente. I miei amici guadagnavano molto più di me, e alle cinque li vedevo tornare a casa, mentre a me mancavano ancora tre ore di lavoro. Però ho preferito accontentarmi, e tenermi la mia libertà, non ho mai voluto padroni. Lavorare sotto padrone una volta ti schiantava, ti tiravano fuori fino all’ultima goccia di sudore. No, meglio star soli. Anche se era dura, qui. Non c’erano solo le vigne, avevamo anche i ciliegi, l’orto, le bestie.
Le vigne le abbiamo sempre avute, già dal mio bisnonno, ma in genere si vendeva l’uva, o i vini in cisterna. Con l’uva si prendeva poco, e ancora meno con il vino.
Solo più tardi abbiamo prodotto le nostre bottiglie, e la nostra faccia sulle etichette è comparsa nell’86. Poi le cose son girate, ora vanno bene anche per noi, e mi sembra giusto che, in settant’anni di vita, uno abbia qualche anno di gloria! Ora sono più di dieci anni che il mondo ha scoperto anche noi della Valpolicella, e va bene a chi vende uva e a chi vende vino, che qui siamo tutti contenti, speriamo solo che duri».
video: Mauro Fermariello montaggio: Mauro Di Schiavi
Anche io la prima volta che l’ho visto mi sono sorpreso della somiglianza con Ligabue 😉
Complimenti… bravi davvero! Ma lasciatemi citare anche un vecchio detto:… dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna… GRANDE ADRIANA!! Una famiglia esemplare dove tutti hanno dato tanto per la loro Azienda!